Quest’anno celebriamo il 51° anniversario della Giornata Mondiale della Terra e lo celebriamo ancora in piena pandemia. Siamo la prima generazione che ha un’idea chiara dell’impatto dei cambiamenti climatici sul nostro stile di vita, sulle nostre famiglie, sul lavoro, sulle istituzioni; e siamo anche l’ultima generazione che può agire. Lo shock provocato dai contagi e dalle morti da Covid-19 ha svegliato il mondo intero e il nostro Paese: la salvaguardia dell’ambiente naturale, la lotta all’inquinamento, l’adattamento alle variazioni climatiche sono diventati prioritari per il nostro benessere e la nostra salute.
Nel recente “Rapporto BES 2020: il benessere equo e sostenibile in Italia”, mi ha colpito che, nonostante un peggioramento complessivo dei fattori che definiscono la qualità della vita, sette italiani su dieci si dichiarano soddisfatti dello stato dell’ambiente in cui vivono. Tuttavia, andando nel dettaglio delle regioni osserviamo che solo il Molise raggiunge la percentuale di soddisfazione più alta del Mezzogiorno (81,2%), mentre i residenti in Campania e in Sicilia sono i meno soddisfatti con rispettivamente il 56,4% e il 61,1%. Un livello di soddisfazione così basso per il nostro territorio è un’ulteriore spinta ad agire sulle criticità, numerose certamente, ma non prive di soluzioni e di possibilità di invertire la rotta.
Agire diventa un imperativo, ma come?.
Accelerare la rivoluzione green parte da scelte personali e consapevoli. Nella mia famiglia, ad esempio, oltre ad una oculata differenziazione dei rifiuti poniamo grande attenzione quando facciamo gli acquisti a non prendere dal bancone i classici sacchetti per la spesa. Può sembrare una cosa piccola, ma il nostro orientamento è quello di prevenire il consumo di imballaggi inutili, seppure riutilizzabili. Siamo consapevoli che molte azioni dipendono da istituzioni, governi, multinazionali, ma alcune dipendono solo da noi.
Parlando del mondo delle imprese, nonostante le aziende green siano numerose, molte in realtà rientrano nel cosiddetto greenwashing, un ecologismo di facciata non supportato da fatti. Un recente studio della Commissione Europea ha evidenziato che, su 344 slogan sulle performance ambientali di altrettanti prodotti in vendita sul web, più della metà non contenevano sufficienti informazioni per supportarne l’accuratezza. Quasi un’informazione su due era falsa o ingannevole. E’ difficile orientarsi tra chi è seriamente impegnato nella transizione verso un’economia circolare, nella riduzione degli sprechi, sul fronte delle rinnovabili e chi no. Ma c’è un criterio che può aiutare. Chi è veramente green non ha paura di fornire informazioni facilmente comprensibili ed esaustive. Non teme enti di certificazione esterna.. Non ha bisogno di campagne di grande impatto mediatico ma di ridotta rilevanza ambientale. In poche parole la sostenibilità non si compra, ma si pratica giorno per giorno anche pensando alle future generazioni.
I giovani, per me, sono la leva del cambiamento e a loro chiedo di essere Stubborn Optimists –ottimisti testardi, capaci di non demordere sulle buone pratiche di sostenibilità e sul mettere al servizio di tutti la loro capacità progettuale, la loro visione, le loro provocazioni, indispensabili al cammino di salvaguardia di un territorio e di un Paese.
Noi adulti non possiamo tirarci indietro nello sviluppo di modelli generativi, inclusivi e sostenibili, dove la nostra salute e quella del pianeta hanno pari dignità.