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«Cittadinanza attiva per la cura della casa comune»

I delegati che hanno firmato il Glasgow Climate Pact alla Cop26 lo hanno fatto anche a nostro nome

di Elpidio Pota, Segretario generale della Fondazione Mario Diana onlus

Quel manifesto nodo alla gola mostrato in mondovisione dal presidente della Cop26, Alok Sharma racconta meglio di qualsiasi dettagliato resoconto giornalistico quanto sia stato difficile il negoziato che a Glasgow ha coinvolto 197 Paesi membri delle Nazioni Unite, riunitisi per la definizione di una politica globale sul clima. Sharma in quel momento ha sentito sulle sue spalle tutto il peso delle tensioni mondiali per l’incombenza di un riscaldamento climatico ormai alle soglie dell’irreversibilità. 

I Paesi poveri e più fragili arrivati in Scozia con la speranza di vedere finalmente considerata l’enorme sofferenza dei loro popoli, avevano chiesto, fin dalla Cop15 del 2009, aiuti economici per potersi almeno adattare ad un cambiamento climatico che meno di tutti hanno contribuito a generare, ma che più di tutti sono costretti a pagare. Invece l’economia del profitto ha fatto sì che, ancora una volta, non si prendessero impegni concreti e tutto venisse rimandato all’anno prossimo in Egitto, alla Cop27 di Sharm El-Sheikh.

Bisogna obiettivamente riconoscere che grazie alla politica del compromesso qualcosa è stato sancito nel Glasgow Climate Pact. Si è infatti stabilito che nel 2022 i Paesi dovranno evidenziare piani ben definiti per la loro transizione; si è mantenuta l’ambizione di contenere il riscaldamento globale entro 1,5° C; si è accettato di ridurre le emissioni del 45% entro il 2030; ma soprattutto si è accolto definitivamente il principio di dover uscire dall’energia fossile.

Papa Francesco il 25 settembre scorso nel ricevere una delegazione di giovani guidata dal Ministro Cingolani – era presente anche la casertana Simona Diana – impegnati a vario titolo sui temi della sostenibilità ambientale disse loro: «fate chiasso». Ed infatti tanti di loro si sono fatti sentire a Glasgow, dicendo a chiare lettere che questi risultati sono assai deludenti e che la colpa dell’insuccesso è delle grandi potenze economiche e demografiche che hanno voluto guardare solo ai loro interessi e non a quelli generali del Pianeta. 

Di fatto questi Paesi, nonostante le belle parole e le lodevoli dichiarazioni d’intenti sulla necessità di voler contribuire a salvare l’ecosistema, sono arrivati in Scozia con molti, forse troppi, problemi da risolvere.

Come ha ricordato il prof. Stefano Zamagli alla 49ª Settimana sociale dei cattolici italiani di Taranto lo scorso ottobre «la transizione ecologica ha dei costi» alcuni ci guadagnano mentre tanti altri ci rimettono. 

In un suo editoriale sull’Osservatore Romano, Pierluigi Sassi, responsabile di Earth Day Italia si è detto colpito «che proprio mentre a Nuova Delhi le autorità locali chiudevano scuole e cantieri, a causa di un inquinamento 20 volte superiore alla soglia consentita dall’OMS, l’India costringeva le Nazioni Unite a modificare l’accordo di Cop26 per una “riduzione graduale”, anziché per una “uscita completa” dal carbone» e che «un leader come Narendra Modi sia andato a negoziare la politica globale sul clima nella solitudine di un uomo che rappresenta 1,38 miliardi di persone, organizzate in un sistema economico che dipende per il 70% dal carbone». 

La crisi ecologica e sociale, afferma Papa Francesco, è davvero complessa e, di conseguenza, non ha soluzioni semplici: è richiesta una vera conversione delle istituzioni, dei governi e delle persone. “Ecologia integrale” significa anzitutto ragionare in modo nuovo sull’ambiente, sulla società, sulla cultura; tradurre i principi astratti in stili di vita quotidiani e pratici.

Il Covid ci ha insegnato che sconfiggere un male non dipende solo dai provvedimenti presi dai governi ma dal comportamento di ognuno di noi.  

Si comprende allora perché, al termine di questa Cop26, Papa Francesco ha incoraggiato «quanti hanno responsabilità politiche ed economiche ad agire subito con coraggio e lungimiranza» ma nello stesso tempo ha invitato «tutte le persone di buona volontà ad esercitare la cittadinanza attiva per la cura della casa comune».

Proprio a questo scopo, Francesco ha aperto ufficialmente le iscrizioni alla “Piattaforma Laudato si’”, hub online che raccoglie, indirizza e coordina le iniziative a livello globale e locale ispirate all’enciclica sulla cura del creato.

La Piattaforma è aperta a tutti: famiglie, parrocchie e diocesi, ordini religiosi, scuole e università, ospedali e centri di assistenza sanitaria, mondo dell’economia e delle imprese, gruppi, movimenti, organizzazioni.

È il momento di agire e di farlo in prima persona iscrivendo la propria famiglia o comunità alla “Laudato sì action”. Basta andare su www./laudatosiactionplatform.org e si troveranno tutte le informazioni utili.

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